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La Bissa Bianca

Agordino > Taibon
AI piedi delle superbe pareti Nord dell’Agner e del versante Sud delle Pale di San Lucano si snoda, affascinante e misteriosa una Valle.

Il torrente Tegnas, l’accompagna, gorgogliando di gora in gora strane storie di diamanti e lapislazzuli nascosti nelle sue acque.

I boschi di faggi, di abeti, di ontani addolciscono i detriti rocciosi accumulatosi ai piedi di questi giganti dolomitici, per effetto delle intemperie e di eventi catastrofici, non insoliti in Valle.

In tempi assai lontani gli abitanti di Taibon la chiamavano Val Bissera per la stragrande quantità di serpi che la infestavano.

In verità, queste, da vere signore del luogo, s’erano insediate ovunque: si crogiolavano al sole sulle crode, si confondevano con i mughi profumati, intrecciavano danze e sibilii amorosi nelle notti di luna piena.

La bellezza della Valle affascinava gli abitanti del villaggio vicino, ma frenati dal terrore  delle biscie, non osavano insediar visi stabilmente; solo i più coraggiosi ardivano attraversarla per recarsi sugli alti pascoli di Miele Reane o fermarsi saltuariamente per il lavoro nelle “Calchere”, disseminate un po’ ovunque nel fondo valle.

Un bel giorno, giunse in Paese dal trentino uno strano personaggio, vestito in modo ancor più stranamente: suonando il piffero di casa in casa nelle lunghe veglie serali. Questi, non appena seppe delle numerosi serpi e dell’angoscia che queste incutevano nei paesani, assicurò che li avrebbe liberati, purché qualcuno di loro, in passato, non avesse intravisto fra le diverse biscie della Valle, la serpe Bianca Gigante.

Tutti lo rassicurarono, parola d’onore, nessuna l’aveva mai vista. Inoltrandosi nella Valle, chiese ai coraggiosi che lo seguivano che preparassero una grande calchera proprio al centro della Val Bissera.

In un battibaleno fu costruita, caricata di legno di faggio stagionata e fu fatta ardere per ben tre giorni e tre notti.

Quando anche le pietre di cui era fatta la fornace furono tanto infuocati da confondersi con i tizzoni ardenti e per riverbero delle fiamme rosseggiarono fin le crode dell’Agner e dell’Ambrusogn, il pifferaio modulò il suo irresistibile richiamo.

Misericordia!

Alle prime note il vento tacque, e la Valle rimbombò di strepitii, fischi e sibili spaventosi; da ogni parte la gente vide strisciare verso la fornace serbi d’ogni sorta: orbettini, marassoni, serpentacci-, vipere con gli occhiali, draghi con le corna e con le ali, basilischi! E tale era irresistibile il richiamo che alcune saltavano dalle crode, altri si lasciavano portare dalla corrente del Tegnas, altri ancora sbucavano dalle “Masiere” e tutti, tutti si buttavano nella fornace.

Indescrivibile la felicità dei valligiani presenti, uno di loro, in ottima posizione per vedere, gridava che perfino un boa si era gettato dentro!

E mentre guardavano ammirati il mago che aveva fatto i prodigio, lo videro improvvisamente sbiancarsi come cera, e lo sentirono gridare:  <<oh, Dio, Dio… è finita per me! >>

Un fischio spaventoso, proveniente dal costone di Miel, fece tremare la terra e il sole: era la serpe bianca che strisciava rabbiosa giù per la Valle di Angheraz.

Il pifferaio, atterrito, gettò lontano il suo strumento e cercò riparo tra i rami di un abete.

Ma la serpe tra lampi e tuoni e l’urlare del vento, veloce, s’avvicinava alla fornace.

Tutti i presenti presentavano che anchessa si gettasse li dentro… oh, si, si!

Mah!

Giunta alla fornace si drizzò, guardò a destra e a sinistra, alzò la testa verso l’abete: vide lassù il pifferaio. S’attorcigliò alla albero, sibilando lo scosso, lo sforzò e con uno scrollone spaventoso lo sradicò, e insieme precipitarono nelle fornace.

Da allora, nella Val Bissera, detta più tardi Val di San Lucano, non se più vista biscia bianca alcuna.

Biblografia:
Guida storico-alpina di Belluno Feltre - Ottone Brentari
Guida Insolita alle Dolomiti - Dino DiBona
Leggende Agordine - Circolo Culturale Agordino
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