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La Dolomia

Montagna > Le Dolomiti



La Dolomia è una roccia sedimentaria carbonatica costituita principalmente dal minerale “Dolomite”, chimicamente un carbonato doppio composto da calcio e magnesio. Tale roccia prende il nome dal naturalista e geologo francese Déodat De Dolomieu (1750-1801), il quale nel 1791 studiò tale roccia nelle Dolomiti. La dolomitizzazione si verifica in condizioni particolari quali possono essere quelle ipersaline come ad esempio in ambienti tidali o lacustri, o in zone del sottosuolo dove si incontrano e mescolano acque meteoritiche e acque marine, cioè in ambienti “schizoalini”. Inoltre, anche l’attività biologica può essere un fattore importante in tale processo, visto che la materia organica, in particolare alghe e batteri, sembra ne favoriscano lo sviluppo.


Il criteri di classificazione delle Dolomie possono essere sia “composizionali” (riguardanti il rapporto calcio/magnesio), tessiturali e genetici. Le dolomie di precipitazione diretta, o primarie, sono rarissime e la precipitazione di Dolomite diretta nell’acqua marina è fondamentalmente un problema di nucleazione molecolare che è un processo estremamente lento a bassa temperatura e, inoltre, la struttura della Dolomite è certamente ordinata. Tra gli autori è opinione corrente che tale processo sia stato estremamente raro anche nel passato geologico, tranne però, durante il Precambriano e Paleozoico in cui la precipitazione diretta sarebbe stata favorita dall’alta pressione di anidride carbonica nell’atmosfera, dovuta ovviamente alle frequentissime eruzioni vulcaniche del tempo, che comportavano anche un elevato rapporto Magnesio/Calcio. Le Dolomie di sostituzione invece, rappresentano la maggior parte delle Dolomie antiche e recenti. Si formano a causa della conversione di un precursore minerale costituito da Carbonato di Calcio (solitamente Calcite o Aragonite), che sia di sedimento sciolto o roccia, in Dolomite: questo processo consiste essenzialmente in una parziale sostituzione deglia tomi di Calcio con quelli di Magnesio. A basse temperature lo smistamento degli Ioni in una struttura cristallina è molto lento, anche tenendo in considerazione i tempi geologici; di conseguenza, si ipotizza che la dolomitizzazione non sia una reazione che avviene allo stato solido ma che si attui mediante dissoluzione del Carbonato di Calcio e contemporaneamente precipitazione di Dolomite a partire da una soluzione acquosa che attraversi il sedimento. In generale, perché si possa verificare sono necessarie due condizioni fondamentali:

a)      un rapporto Mg/Ca sufficientemente elevato.

b)      Un meccanismo in grado di far fluire attraverso la roccia un volume sufficiente di soluzione “dolomitizzante”, in modo che la reazione possa completarsi e quindi formarsi una vera roccia dolomitica. Naturalmente si necessita anche di tempo sufficiente affinché la reazione possa avvenire.


MODELLI DI DOLOMITIZZAZIONE


Sulla base del chimismo del fluido dolomitizzante si possono distinguere modelli ipersalini e modelli salmastri.

Modelli Ipersalini

Le soluzioni ipersaline necessarie ad aumentare il rapporto Mg/Ca vengono prodotte tramite evaporazione e conseguente movimento ascensionale dei fluidi attraverso il sedimento che può esplicarsi con meccanismi differenti:

a)      concentrazione capillare e pompaggio evaporitico

b)      riflusso

Nel primo meccanismo si presuppone l’esistenza di una piana tidale retrostante una laguna; in condizione climatiche aride, nei momenti di intensa evaporazione e ridotto rifornimento di acqua, nelle aree sopratidali si innesca un movimento di risalita delle acqua con sviluppo di evapotraspirazione. La perdita d’acqua è rimpiazzata dalla continua introduzione nel sistema di nuova soluzione di derivazione marina (nei settori più esterni della piana tidale) o continentale: l’evaporazione lascia, come residuo, una salamoia interstiziale che può raggiungere valori di salinità 5 volte superiori all’acqua marina normale e rapporti Mg/Ca pari anche a 40:1. Con queste condizioni esistono le premesse allo sviluppo della dolomitizzazione dei sedimenti attraverso i quali passano (e ristagnano) tali salamoie. In questo sviluppo ricopre una grande importanza la antecedente precipitazione di gesso, poiché non solo permette di fissare il calcio (essendo solfato di calcio), elevando ancor di più il rapporto Mg/Ca, ma soprattutto rimuove lo ione solfato che inibisce lo sviluppo della dolomitizzazione. I sedimenti dolomitizzati di queste aree tidali sono dolomie microcristalline caratterizzate da laminazioni algali, fratture e poligoni da essiccamento e le tipiche fenestrae.

Nel meccanismo del riflusso, si presuppone l’esistenza di una piattaforma carbonatica bordata da barriere (scogliere, barre litorali..) che racchiudono intere lagune, più o meno ristrette. Se il clima è arido, nei settori più interni di tali lagune si vengono a concentrare, per successive evaporazioni, dense salamoie ipersaline che pi, per gravità, tendono a rifluire verso il mare; la presenza delle barriere limiterebbe il riflusso libero determinando il ristagni delle salamoienelle parti più depresse delle lagune. Le salamoie così formatisi, nel tentativo di rifluire verso il mare, percorrerebbero attraverso i sedimenti dolomitizzandoli. delle lagune. Le salamoie così formatisi, nel tentativo di rifluire verso il mare, percorrerebbero attraverso i sedimenti dolomitizzandoli.

Modello salmastro

In questo modello si spiega come acque salmastre derivate dalla miscela di acque ipersaline e dolci siano in grado di dolomitizzare efficacemente le rocce attraversate. La diluizione di salamoie da parte di acque dolci, provoca una drastica diminuzione della salinità, mantenendo quasi costante il rapporto Mg/Ca, e le soluzioni risultanti rientrano nel campo di stabilità della dolomite. In condizioni ipersaline bisogna raggiungere valori molto elevati nel rapporto Mg/Ca affinché si verifichi la precipitazione di dolomite invece che di aragonite e/o calcite, mentre in condizioni salmastre, al contrario, la dolomite cristallizza con rapporti molto minori: basti pensare che sono sufficienti percentuali d’acqua marina comprese tra il 5% e il 50% affinché si abbia sovrasaturazione della dolomite e quindi si verifichi la precipitazione di tale minerale. Queste situazioni avvengono in ambienti schizoalini cioè, ad esempio, gli ambienti costieri periodicamente interessati da acque “dolci” meteoritiche, in seguito alle quali è possibile l’instaurarsi di acquitrini di acque dolci sotterranee che quindi diventano potenziali aree di dolomitizzazione. Tale modello è noto nella letteratura geologica, anche, con il nome: “Modello Dorag”.
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