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Miniere del Fursil

Agordino > Colle Santa Lucia

Nel XII secolo nel territorio di Colle Santa Lucia, alle falde del Monte Pore, trovava posizione un sito minerario denominato "Puchberg" e anche Wersil (poi Fursil). Entro questa zona venne scoperta ima "vena" di minerale ferroso: Siderite, che ben presto rese il territorio del Fursil assai importante e appetibile. La falda ferrosa si distende, in particolare, dai masi di Costalta e Troi, con 4 miniere. Il maso di Troi porta incisa sulla trave di colmo la data 1654, ma e sicuramente più antico. ll nome "Troi" compare in un documento del 1422 e successivamente, nel 1595 in un testamento, in cui vengono descritte l’esistenza del maso e quindi casa e tabia; per quanto difficile la lettura e incompleta la descrizione, non vi e dubbio che l’abitazione e l’adiacente fienile collimino con quelli ancor oggi presenti. Vicino alla frazione di Troi era presente la miniera principale, nominata "Medol Grande", altre miniere importanti furono quelle di Ru e di Pont, sotto Costalta, nominata nel 1630 in un documento risalente al 1422, insieme al maso di Sopradaz. Per comodità i masi alti, in questa come in altre vallate, si relazionavano attraverso il percorso per il castello di Andraz, "Strada dela Vena". Miniere non localizzate, ma nominate in un documento del 1590 conservato presso l’Archivio di Stato di Bolzano sono: Pezcol, Zebibelle e Sottosief. Il nome Fursil deriva dal latino ferrumz tuttavia l’origine del termine sembra essere ancora pii1 remota e derivare dalla lingua paleoveneta (venetica-cadorina) e, in particolare, dalla forma ferso. Tale considerazione ha fatto valutare l’ipotesi che il giacimento minerario fosse sfruttato in epoca precedente a quella documentata da testimonianze scritte. A consolidare tale teoria è il ritrovamento ad opera di un falciatore nel 1866 sul Monte Pore di una stele con iscrizione venetiche, conservata nel Museo di Bollano e, in copia, in quello di Selva di Cadore. ll complesso mineralistico del Fursil ha sempre avuto grande rilevanza, sia perché il ferro era una risorsa strategica fondamentale per la produzione di armi, sia per gli aspetti prettamente economico-commerciali. Le miniere del Fursil davano ferro pregiato per la presenza di una elevata quantità di manganese, quasi il 5% in forma di ossido, che conferiva al metallo rilevanti caratteristiche tecnologiche. Questo ferro opportunamente lavorato, acquisiva doti di elevata resistenza agli urti e alla corrosione e flessibilità. Il ferro qui prodotto aveva una notevole rilevanza economica perché premetteva la realizzazione di ottime armi bianche, tant’e che le migliori spade bellunesi sono costruite con questo metallo e costituiscono la parte preponderante dell’a1meria della Serenissima nel Palazzo Ducale di Venezia. Il polo del distretto minerario, e posto al di sopra di Pian, tra le quote dei 1400 ed 1500 metri, ed e ancora ben evidente grazie alla grande ferita non rimarginata, detta Vuaz. ll primo documento riguardante le miniere risale al 1177 e attribuisce le stesse al Convento di Novacella, per donazione dell’Imperatore Federico I Barbarossa con il decreto del 5 settembre, (il più antico documento relativo a questa zona). il Convento riuscì faticosamente a controllarne lo sfruttamento sino alla meta del XV secolo: con l’avvento della Signoria degli Avocano, e successivamente per opera del Vescovo Principe di Bressanone, tale diritto venne fatto cessare. Si pensa che il minerale una volta estratto, fosse accumulato in appositi spazi protetti vicino alla miniera, come descritto in un documento del XVI secolo del fattore delle miniere G.B. Piazza indirizzato al Vescovo di Bressanone; lo stesso veniva quindi trasportato lungo le "Vie del Ferro" sul dorso di muli e cavalli, e condotto ai forni fusori. In una giornata di lavoro si estraevano circa 13000 Kubel (in Italiano Staia), un kubel corrispondeva a circa 75Kg. La posizione di confine delle Miniere, porto a molte accanite lotte tra i territori del Vescovo di Bressanone e quelli della Repubblica di Venezia, per il loro possesso. Nel 1337 vennero date in uso ai Signori locali Guadagnino Avoscano e Rizzardo da Camino che cominciarono ad impiegare manodopera Agordina e Cadorina. Per regolarne l’assunzione nel 1369 interverme Corrado Stuck capitano del Castello di Andraz, stabilendo 1’impiego dei soli minatori "Canopi" Veneti e Vescovili, graditi alle due parti. Le contese proseguirono per il possesso delle "vene" e per lo sfruttamento degli ormai scarsi boschi, necessari per la fusione del ferro, sia tra Brissinesi e Veneti tanto da portare i Cadorini nel 1479 ad incendiare Pian di Colle. Anche tra il Vescovo di Bressanone e il Convento di Novacella vi furono controversie tanto che nel 1490 dovette intervenire il Papa Innocenzo III per riconfermare tutti i privilegi al Convento di Novacella. Il massimo rendimento di tali miniere si ebbe verso la meta del 1600 quando vennero aperte quattro nuove gallerie di cui, una, lunga un chilometro e si potevano estrarre tino a 10.000 secchi di minerale, tanto da permettere il funzionamento contemporaneo di ben nove forni fusori, otto Veneti, distribuiti nelle Valli di Agordo e Zoldo, ed uno Vescovile. Questo ero sito presso il castello di Andraz, in seguito spostato, per la scarsità di legname, nel 1558 sul Passo Valparola e quindi a Piccolino in Val Badia. Per garantire la provenienza e la qualita, il ferro veniva marchiato con l’agnello, simbolo Vescovile di Bressanone. Dal prezioso minerale il Vescovo ne ricavo cospicue entrate, non molto pero andò a beneficio del paese di Colle. Un accordo con i Vescovili consenti di lavorare le miniere fino alla loro chiusura, verso il 1753. Nel 1837 un’impresa Agordina le riapri per breve tempo. Un tentativo più consistente di slittamento lo effettuo la Breda con la Miniera detta "Valle dell’Agnello” nel periodo autarchico 1938-43. La definitiva chiusura la si ebbe nel 1945. Di tale secolare testimonianza, oggi rimangono precisi segni storici sul territorio: il Castello di Andraz, la Casa Chizzali Bonfadini detta anche "Césa del Jan", e i monumenti terminali della "Strada dela Vena" e dell’antica “Via del Ferro" che univa i luoghi della coltivazione delle "vene" a Colle Santa Lucia a quello della fusione presso il Castello di Andraz.

TROI
L’imbocco, a pozzo, che permette di raggiungere le vecchie minire, fu realizzato, o quantomeno  ripristinato dalla società Ernesto Breda attorno alla fine del 1930. gia nel 1655 e attestata la presenza di una miniera a Troi, che nel 1681 risulta essere una delle miniere più attive e meglio conservate. ll pozzetto scende verticalmente er circa 5 metri e si innesta in una vecchia galleria: durante i lavori d’ispezione realizzati nel 1940 tale galleria venne definita in ottime condizioni, fu riaperta per circa 30 metri in piano e poi per ben 260 metri lungo la linea di massima pendenza. Negli anni ’90 un intervento conservativo ha permesso di recuperare in parte il pozzo, attualmente percorribile ma chiuso poi per motivi di sicurezza.
VAUZ
La galleria fu riscoperta nell’anno 1940 dalla società Breda di Milano durante i lavori di sondaggio e di ricerca. Fu liberata ed armata per circa 120 metri ma venne poi abbandonata perché considerata di scarso interesse. Venne denominata "Galleria Sentiero Vena" per la sua posizione adiacente al sentiero: "Strada dela Vena". La galleria poi rimase per lunghi anni dimenticata e fu oggetto negli anni ’90, de1l’attenzione della soprintendenza per i Ben Culturali ed Architettonici del Veneto Orientale e del Gruppo Speleologico di San Marco di Venezia. Durante l’ispezione fu individuato un ramo principale che, seguendo la vena metallifera si abbassa di una ventina di metri rispetto alla quota d’entrata e poi risale sino ad un crollo che rende impossibile il proseguimento, una discreta corrente d’aria lascia comunque presagire che le gallerie continuino ulteriormente in profondità. A meta di questa galleria principale si trova un ramo secondario che si rivolge all’indietro, in esso si trovano numerosi muretti a secco e alcuni pali di puntello. Le esigue dimensioni della galleria fanno supporre che il lavoro d’estrazione fosse svolto in maniera assolutamente artigianale con l’ausilio di pochissimi utensili ed attrezzature.

ZENGE
Questa galleria e una delle poche risalenti all’epoca dello sfruttamento delle Miniere del Fursil originali. Siamo ormai alla line del 1700, e tali miniere si avviano verso il declino dopo essere state sfruttate ininterrottamente per quasi 600 anni. La miniera si trova nei pressi della frana del Vuaz.

COSTALTA
In quest’area sono state ritrovate nel 1940 due gallerie dai tecnici della Breda, questi la definirono "degli Antichi”. L’assoluta mancanza di documentazione non ha permesso di ricostruire l’epoca storica cui risalgono queste due miniere, ma probabilmente appartengono all’epoca di chiusura dell’attività mineraria del Fursil avvenuta attorno al 1750. Da allora le miniere furono completamente abbandonate e dimenticate, sono stati dimenticati i loro nomi, i nomi dei luoghi ove esse erano ubicate, tanto da renderne quasi impossibile la localizzazione. Le due gallerie, poste a pochi metri l’una dall’altra, sono state rinvenute nel 1937 e i lavori di sgombero sono poi iniziati nei mesi di gennaio e febbraio 1940, la prima galleria a sinistra e stata riaperta e sgomberata per ben 200 metri, la seconda galleria posta a destra e leggermente più in alto é stata riaperta invece per 155 metri. Queste gallerie, abbandonate completamente nel 1945, sono rimaste aperte sino alla line degli anni ’50 poi causa il logorio delle strutture lignee di supporto agli imbocchi, sono collassate causandone la definitiva chiusura.

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